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Ho sempre amato il cinema di Arthur Penn.
Per me e la mia generazione è stata una delle influenze più forti del cinema americano moderno. è stato Jonathan Demme a metterci in contatto, e per me è stata l'occasione di conoscere meglio lui e il suo cinema. Ci siamo incontrati molte volte per parlare della sua vita personale, dei suoi film e del cinema americano, all'inizio del 2005. Non ho mai pensato di mostrare questa registrazione, perché alla fine mi sembrava troppo personale, fino a quando, dopo nove anni, Enrico Ghezzi mi ha spinto a farlo, senza nessun taglio.
Amir Naderi
regia, fotografia, produzione: Amir Naderi
produzione: Alphaville Film Inc. (New York)
post-produzione: Mia Arfuso, Donatello Fumarola
distribuzione italiana: Polittico
USA, 2005-2014 - DVcam trasferito in DCP - 4/3 - colore - 355’
AMIR NADERI
Nato ad Abadan (Iran) nel 1946, s'interessa di fotografia e cinema in tenera età, ispirato dalla fotografia di Henri Cartier-Bresson, ma anche dall'estetica del cinema neorealista italiano, nella scelta dei set naturali, nell'uso di attori non professionisti, di strutture narrative più libere, e per l'attenzione agli ultimi e alla classe operaia.
Debutta alla regia con Khoda Hafez Rafiq nel 1971, diventando subito una delle più influenti figure del nuovo cinema iraniano: è lui a spingere l'amico Abbas Kiarostami a girare un film (Tajrobeh, 1973) tratto da una sua sceneggiatura. Fa il suo ingresso sulla scena internazionale con classici quali Davandeh (1985), presentato alla 42ma Mostra di Venezia, e Aab, baab, khaak (1986). Dopo la rivoluzione islamica è il primo importante regista iraniano a lasciare il suo paese, trasferendosi a New York.
Qui realizza in totale autonomia i suoi film americani, inimitabili nel cogliere una certa anima ormai evanescente di New York, e presentati in kermesse importanti come la Mostra di Venezia (nel 1993 con Manhattan by Numbers), il Festival di Cannes (nel 1997 con A.B.C…Manhattan, nel programma di “Un Certain Regard”), il Tribeca, il Sundance e New Directors/New Films, mentre il Torino Film Festival presenta nel 2002 Marathon – Enigma a Manhattan e nel 2005 Sound Barrier.
Nel 2008 è in concorso alla Mostra di Venezia con Vegas: Based on a True Story. Nel 2010 si trasferisce a Tokyo, sua nuova casa, dove trova un gruppo di amici (tra cui Kiyoshi Kurosawa e Shinji Aoyama) disposti ad aiutarlo nella sua ossessiva, incessante ricerca di cinema. Ne viene fuori Cut, presentato in concorso a Venezia nel 2011 e poi vincitore del premio per la miglior regia al 21mo Japanese Professional Movie Awards, primo straniero a ottenere questo riconoscimento. I suoi film sono stati proiettati in retrospettive ospitate dai musei e dai festival di tutto il mondo.
La sua ultima presenza a Venezia è nel 2012 come membro della giuria in “Orizzonti”, prima di presentare nel 2014 Mise en Scène with Arthur Penn (a Conversation) nella sezione “Classici”.
Nel 2016 ritorna al Festival di Venezia per presentare Monte, suo primo film italiano, e ricevere il Premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker, destinato a una personalità che ha lasciato un segno particolare nel cinema contemporaneo.